Neuromarketing: una nuova frontiera nella ricerca di marketing

La storia del neuromarketing ed esempi di utilizzo in Coca Cola

Indice

Ti sei mai chiesto quali processi neuronali si attivano quando prendiamo una decisione di acquisto? Oppure come fa una pubblicità a rimanere impressa nella nostra memoria? Queste sono solo alcune delle domande a cui il neuromarketing cerca di rispondere, utilizzando tecniche di neuroimaging per studiare il comportamento e le scelte del consumatore.

Bene come prima cosa devi sapere che il neuromarketing è un campo di ricerca attivo con decisione almeno dal 2002, che si occupa di studiare il comportamento dei consumatori utilizzando tecniche di neuroimaging come la risonanza magnetica funzionale (fMRI). L’obiettivo è capire meglio i processi cerebrali associati alle decisioni di acquisto per creare strategie di marketing più efficaci.

In questo articolo prenderò in prestito il punto di vista di alcuni famosi nomi del neuromarketing, discutendo la sua nascita come disciplina accademica, le sue applicazioni fino ad oggi e le potenzialità future.

Cos’è il neuromarketing

Il termine neuromarketing è stato coniato all’inizio degli anni 2000 per indicare l’utilizzo della neuroscienza nel marketing. Tuttavia, già dagli anni ’80 alcuni studi avevano utilizzato tecniche come l’elettroencefalografia (EEG) per studiare la risposta del cervello alla pubblicità.

Oggi il neuromarketing viene spesso associato all’uso commerciale delle neuroscienze per influenzare i consumatori. In realtà, è bene sottolineare che il neuromarketing in ambito accademico ha obiettivi più ampi: capire i processi cognitivi ed emotivi associati al comportamento umano nei mercati e negli scambi di marketing.

Il neuromarketing può essere definito come l’applicazione di metodi neuroscientifici per analizzare e comprendere il comportamento umano rilevante per i mercati e gli scambi di marketing. Questa definizione sposta l’attenzione dalle mere applicazioni commerciali ad un obiettivo di ricerca accademica volto ad ampliare la conoscenza in questo campo. Importante notare la differenza.

Criticità etiche sul neuromarketing

L’avvento del neuromarketing ha suscitato e suscita preoccupazioni etiche nella comunità scientifica. Si teme che le aziende possano usarlo per “trovare il pulsante d’acquisto automatico nel cervello” e manipolare i consumatori. In altre parole la paura è che certe aziende miliardarie riescano ad affinare così bene le loro pubblicità e la loro comunicazione da spingere i consumatori ad acquisti compulsivi e quasi automatici.

La ricerca accademica ha obiettivi diversi dalle applicazioni commerciali. Lo scopo è comprendere meglio il comportamento umano in situazioni rilevanti per il marketing, non manipolarlo. Inoltre, la collaborazione tra ricercatori di marketing e neuroscienziati sarà fondamentale per sfruttare al meglio il potenziale del neuromarketing.

Contributi del neuromarketing finora

Finora gli studi di neuromarketing si sono concentrati principalmente su:

  • Risposta del cervello alla pubblicità (EEG)
  • Scelte di consumo e preferenze di marca (fMRI)
  • Differenze di genere nelle decisioni di acquisto
  • Attivazione delle aree cerebrali associate a ricompensa e piacere

Ad esempio, in uno studio che ho avuto modo di leggere, ai partecipanti è stato dato da bere quello che credevano essere Coca Cola, e hanno espresso una certa preferenza per quella bevanda.

Successivamente, è stato fatto un test “alla cieca” in cui non sapevano cosa stessero bevendo (in realtà sempre Coca Cola). In questo secondo test, la loro preferenza misurata in termini di attivazione delle aree cerebrali del piacere è risultata minore.

Gruppo CocaColaGruppo Cola
Valutazione della
bevanda
OttimaBuona

Ciò dimostra che la consapevolezza di stare bevendo Coca Cola ha aumentato la preferenza misurata, rispetto alla condizione in cui non sapevano di berla.

Questo suggerisce che le aspettative e la conoscenza del brand hanno un ruolo importante nel plasmare le preferenze ed il giudizio dei consumatori. Non è solo una questione di percezione sensoriale oggettiva, ma anche di fattori cognitivi ed emotivi associati al brand.

Altri studi di neuromarketing hanno confrontato l’attività cerebrale in risposta a diversi tipi di prodotti, ad esempio automobili sportive (alto valore sociale) vs utilitarie (basso valore sociale).

È emerso che le auto sportive attivano maggiormente le aree del cervello associate alla ricompensa, come la corteccia orbitofrontale . Ciò significa che oggetti con alto valore sociale provocano una risposta di ricompensa superiore a livello cerebrale.

Invece, quando i consumatori compiono scelte imprevedibili e non abituali, si attivano altre aree come quelle legate alla valutazione delle ricompense.

Quindi il neuromarketing ha dimostrato che diversi tipi di decisioni di acquisto (sociali vs impulsive, abituali vs nuove) coinvolgono distinte reti neurali, fornendo informazioni preziose sui meccanismi cerebrali sottostanti.

Possibili sviluppi futuri

Per quanto mi riguarda ci sono alcune aree in cui il neuromarketing potrebbe fornire nuove conoscenze, tra cui:

  • Fiducia nei confronti di marche, pubblicità, partner commerciali
  • Elaborazione di informazioni sui prezzi
  • Comportamento nei processi di negoziazione
  • Aspetti etici del marketing

Ad esempio, studiando l’attività cerebrale durante una trattativa si potrebbero capire meglio i processi emotivi e razionali coinvolti. Oppure esplorare eventuali differenze tra il cervello di un venditore etico e uno non etico.

Anche per quanto riguarda la fiducia, il neuromarketing potrebbe chiarire se la fiducia in una pubblicità attiva le stesse aree cerebrali della fiducia in una persona cara. E se tale fiducia si evolve nel tempo.

Per i prezzi, tecniche come l’EEG potrebbero mostrare esattamente perché prezzi come 4,99€ sono percepiti molto più economici di 5,00€. Oppure se elementi emotivi oltre alla razionalità sono coinvolti nell’elaborazione del prezzo.

Conclusioni

In sintesi, ritengo che il neuromarketing abbia un grande potenziale per far luce sui meccanismi neuronali che governano il comportamento umano rilevante per il marketing. Si tratta di un ambito curioso, del quale mi piace rimanere informato.

La collaborazione tra ricercatori di marketing e neuroscienziati sarà cruciale per sfruttare questo potenziale a beneficio della conoscenza scientifica. Se condotta in maniera etica, la ricerca accademica in neuromarketing può portare a scoperte significative su un aspetto fondamentale della società contemporanea.

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Su di me

Mi chiamo Simone e sono uno psicologo specializzato in comunicazione digitale. Passione e innovazione continua sono la mia ricetta per il successo.

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